In una fredda giornata del dicembre del 1951 un prete belga di nome Georges Lemaître si reca in Vaticano per essere ricevuto dal papa Pio XII. È sua intenzione chiarire al pontefice che la visione di un Universo in evoluzione da uno stato iniziale di piccole dimensioni, in cui è concentrata tutta la materia e l'energia che oggi osserviamo nelle stelle e nelle galassie, non andrebbe confusa con la biblica fiat lux.
Nell'attesa dell'incontro con il papa, chiede alla prefettura pontificia di sostare in raccoglimento nella prima delle quattro stanze cosiddette di Raffaello, dinanzi al dipinto della Segnatura.
Davanti al capolavoro subisce la sindrome di Stendahl e, nel rimirare il magnifico quadro, ripercorre, quasi volesse far riemergere delle colpe nella sua vita passata, le vicende vissute.
Rivede la sua storia con la dolce Nadine, incontrata nel corso della Prima guerra mondiale, cui partecipò come soldato, eroe e premiato ufficiale. Ripercorre la circostanza della sua ordinazione,
dei suoi studi accademici e dei suoi incontri con gli scienziati più illustri del momento. Ricorda come ad Einstein sembrava che un Universo che nasce, dando origine al tempo, da un piccolo atomo originario, come sosteneva il prete belga, sia difficilmente compatibile con un Universo eterno nel tempo e infinito nello spazio e appaia piuttosto come qualcosa di simile alla concezione biblica.
Quando, infine, viene ricevuto dal papa, nel mentre cerca di convincerlo che la singolarità iniziale dell'Universo, da lui scoperta, non deve essere intesa come la creazione in senso teologico, ma solo come il suo inizio naturale, dall'ascolto delle parole di Pio XII la sua mente, proprio nel luogo più santo della Cristianità, riceve un'intuizione che lo induce a riconsiderare la natura di alcune sue conclusioni scientifiche.