Domennico Barbaro

LA PAROLA AMORE


Parlare di amore, oggi non è impresa semplice. Pronunciata spesso con estrema facilità, amore è in realtà una parola che stenta a trovare una rispondenza nella vita sociale, al di fuori cioè dello spazio famigliare nel quale troppo spesso la vita odierna ci confina. Al di fuori dei nostri ristretti ed angusti microcosmi, lo spazio di agibilità e di pregnanza semantica della parola amore rischia infatti di contrarsi irrimediabilmente, per lasciare il posto a ciò che la frantumazione delle relazioni sociali e la rottura di un umanismo universalista hanno inevitabilmente prodotto: il ripiegamento su sé stessa della solidarietà che dall'amore nasce e si diffonde.
Nel dire ciò stiamo parlando, con Domenico Barbaro, autore di questa breve ma densa raccolta di poesie, “del vero Amore, non di quello passionale…di quell'Amore paterno, materno, fraterno, l'Amore per un amico, l'Amore per un pellegrino, sconosciuto, abbandonato, per chi soffre e chiede aiuto, per chi dorme coperto di cartoni in un angolo della strada…”. Di un Amore, scritto con la lettera maiuscola, proprio perché esclusivo, unico, quasi personificazione di una quiddità che contraddistingue gli esseri umani, e che oggi sembra invece piuttosto essere un accidente aristotelico che contribuisce solo in parte a dare forma alla natura umana ma non a caratterizzarla, restituendola così indirettamente ai meccanismi di quel regno animale dove l'amore sembra piuttosto essere un prodotto istintuale.
Perché è proprio grazie all'essere umano che l'amore, da meccanismo armonico che regola il creato e che può manifestarsi, come descritto in alcune poesie della presente raccolta, nella cooperazione delle api in un'arnia, negli uccelli che fanno un nido o negli alberi che guardano al fluire del tempo, si trasforma in uno strumento culturale capace di determinare uno spazio in cui nascono e si costituiscono sistemi di appartenenza e reti di legami che trovano ragione e significato all'interno di comuni processi identificativi. Bisognerà attendere le successive evoluzioni storiche affinché l'amore effettui un salto ulteriore ed abbracci, in uno slancio verso l'altro, una dimensione universalistica tale da travalicare i confini sociali o biologici. “Ama il prossimo tuo come te stesso” entra nella storia dell'umanità come un elemento dirompente, capace di generare un nuovo modo di essere nel mondo e di relazionarsi, al di là di ogni confine sociale, con tutti gli esseri viventi che ne fanno parte, siano essi umani, animali o vegetali, sino a contemplare una possibilità di amore estremo nella morte per la vita, ma per la vita dell'umanità intera. Attraverso questo processo di costruzione di senso, la parola amore si scioglie definitivamente dai rigidi legami imposti dalla filogenesi ed abbraccia, in un disinteressato slancio solidale, l'intero creato e l'umanità tutta.
Ed è proprio questa complessa dimensione culturale dell'amore ad essere colta dai versi di Domenico e l'amore altro non è se non “il vero scopo della vita”, un qualcosa verso cui tendere, che ci obbliga ad una continua tenzone con la vita, la quale ci mette quotidianamente alla prova e ci invita a dover lottare non solo per ricercare l'amore ma anche per renderlo arma propositiva di fronte alle scempiaggini ed alla malvagità di un mondo che sembra nei suoi atti negare diritto di cittadinanza anche a quell'amore semplice e diretto che caratterizza l'ordine naturale dell'esistenza.
Allora, di fronte a queste scene che scuotono la ragione e di fronte ad una sperimentata impotenza che nasce dai lunghi anni durante i quali ha visto il potere abbattersi inesorabile sugli umani destini, calpestando il diritto ad amare, Domenico, scoraggiato e deluso, si trova talvolta ad invocare l'Essere Supremo affinché con il suo braccio livellatore aiuti la ragione a ristabilire l'amore sul mondo: “Solo Tu puoi fermare il mostro che governa questo mondo. Intervieni Padre Eterno”.
Ed il richiamo all'intervento divino non comporta un'implicita negazione dell'ordine culturale stabilito dall'uomo, di cui l'amore è parte ed espressione, perché nella Weltschaung di Domenico l'uomo trova la sua essenza – diremmo con lui il suo scopo - nella divinità. Non vi è umanità senza divinità, sembra voler dire Domenico, e l'amore culturale nasce per Domenico proprio dal patto che l'essere umano ha stabilito con la divinità, “colui che ci ha voluto e tanto amato”. L'essere umano è l'amoroso completamento di un creato già armonico dove l'amore culturale altro non è se non la diretta conseguenza dell'atto creativo di Dio. L'Amore è così, per Domenico, il naturale compimento di una creazione già piena di amore.
Amore per il creato e per la vita. Ma anche amore per la propria terra, una terra fatta di ricordi ed atti personificati, dai quali sorgeva spontaneo l'amore solidale ed armonico che univa esseri umani e natura. Emerge, così, dalle brume che l'avvolgono il quadro di un passato semplice, umanitario, melodioso, talvolta idealizzato ma comunque profondamente umano. Oggi tutto ciò non c'è più, la modernizzazione ha spinto le persone a contrarsi su sé stesse ed ha reso marginali molte zone rispetto allo sviluppo della storia. Quando, poi, la modernizzazione ha fatto leva su clientelismo politico e malavita, allora il ricordo è schiacciato dal peso dell'amarezza, della sofferenza e del rimpianto: la terra natale è oggi quella Calabria presente nella memoria olfattiva di Domenico attraverso l'odore di gelsomino, una terra che sente essa stessa di non essere amata, circondata d'ipocrisia, abbandonata al proprio destino.
Di fronte a tanta amarezza, non resta che gridare la propria sofferenza, sia essa l'urlo catartico della Calabria o il grido disperato di una donna per i propri figli o il grido di dolore dell'infinito, ed affidare la propria voce alle ali di una rondine, al volo, “sublime gioia d'amore, di quell'energia dinamica che insegna ad amare”. Ed è proprio tale energia dinamica a riscattare quella vena triste che continuamente emerge dai suoi versi, come un verboso fiume carsico, e che evita a Domenico di farsi invadere da un pessimismo immobile e nichilista. Come la notte all'apparire del giorno, così la tristezza lascia il posto alla speranza perché l'amore “si espande nell'universo per essere riflesso sulla Terra e per rigenerare vita”. E la sua forza è superiore al succedersi del tempo e delle leggi della natura: l'amore è un nuovo principio ordinatore che si trasmette attraverso le generazioni e, come il ciclico sorriso di Proserpina che viene puntualmente a diradare le tenebre dell'inverno, sembra eternamente partecipare del ritorno infinito della vita. Così, Domenico può guardare a quel momento estremo della dipartita con la serenità del probo che, pur timoroso di non aver detto tutto, perché, ahinoi, la vita è breve, sa di aver amato e di aver insegnato ad amare: “Se trovate dei fiori al lato del muretto, raccoglieteli, sono fiori nati dal mio cuore, sono parole d'amore che non vi ho detto”.

Moreno Benini

Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.48 €12.00
ISBN 978-88-7680-472-4

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