Alessandro Bencini

NON RESTA CHE PARTIRE

La ricerca di Alessandro Bencini nasce dalla consapevolezza che è proprio il linguaggio della poesia a evocare il senso originario delle parole. Poetare, infatti, per il giovane toscano significa sottrarre la propria esistenza a immagini scontate, a visioni concettualmente chiuse, per aprirsi alle interpretazioni che di volta in volta si danno delle cose. Così la poesia, contro ogni immobilismo, libera la realtà da quella sistemazione che la scienza pretende di stabilire in modo definitivo. E in questo divenire la parola poetica dispiega la sua potenza rivelatrice, per attingere alla pienezza del significato.
Il percorso poetico di Bencini si delinea attraverso il tema dell’attesa. È difficile “tendere” alla meta e crescere ogni giorno «nella convinzione di un’attesa» (Attesa). Nel loro anelare alla forma poetica, le parole esprimono un vuoto, una mancanza, un caos nel significato greco di “aprirsi” e “schiudersi”. L’uomo contemporaneo, infatti, condannato dalla sua finitezza ad essere spettatore dell’essere, esprime la sua grandezza quando è percorso da un desiderio infinito di felicità. Perciò il poeta stenta a dire pienamente ciò che vuole e fatica ad attingere le parole da un fondo opaco e enigmatico. Se l’abisso è l’assenza di fondo, all’abisso non può giungere il pensiero astratto, ma solo l’intuizione poetica che affronta il rischio del linguaggio dell’essere.
Poesia dell’indagare, dell’investigare dentro le parole per trovare risposte convincenti, di chi non rinuncia a chiedere alla quotidianità nuovi orientamenti e giuste direzioni. Per questo anche le certezze più sicure assumono toni e cadenze dinamiche di una vita che non è mai tranquilla. Per chi s’incammina non ci sono segreti, «solo verità mai dette, a tratti solo accennate, / adagio sussurrate all’orecchio del tempo» (Prove di vita). Come il viaggiatore, il poeta cerca il senso della sua ricerca nella continua trasformazione: ama il divenire e teme l’immutabile. La mitologia greca consegna al dio Hermes il compito di proteggere i viaggi, anche quello dalla vita alla morte. Solo nella precarietà del nostro cammino è possibile assaporare quel sapere a cui gli dei dell’ordine e del dominio non hanno accesso.
Per questo la ricerca di Bencini tende sempre più agli ampi spazi del silenzio, che l’inquieto vivere martella di interrogativi che squarciano l’orizzonte e tempestano la mente. Da qui il verso si fa più incisivo e le virgole spezzano l’incedere spontaneo e naturale dell’armonia. La sottesa musicalità dell’universale trova, infatti, la sua strada in virtù di una forza originaria che si scioglie in un canto di speranza. «E sola rimane speranza / di un’unica fede sorella, / che con dolce gesto congiunge / le mie mani in segno d’amore» (Speranza). Una irrequietezza interiore che non rimane chiusa nel perimetro dei versi, ma irrompe spontanea in figure, emozioni e affetti che occupano il grande arco dell’esistenza.

Tratto dalla Prefazione di Giuseppe Benelli


Collana "Gli Emersi - Poesia "
pp.68 €12.00
ISBN 978-88-7680-393-2

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