Rossella Bergo

DIARIO DI UNA CLOWNESSA NINI

Clownterapia, comicoterapia, terapia del sorriso, gelottologia, sono questi i termini che, attualmente, vengono usati per definire la funzione terapeutica della risata sul corpo-mente. Non è mia intenzione affrontare in questo ambito l’aspetto scientifico della risata ma fornire solamente qualche cenno sugli effetti benefici del ridere, in modo tale da riuscire a dare al lettore una maggiore consapevolezza sul potere di un semplice gesto, appunto, quello del ridere.
Questo grande potere veniva riconosciuto alla risata già nell’antichità, ricordiamo per esempio l’importanza che rivestiva la figura del buffone nei rituali sciamanici; ma la ritroviamo protagonista anche nelle sacre scritture, nella mitologia, nel medioevo, nella commedia dell’arte, nel circo, nel cinema muto e via via fino ai giorni nostri nella satira politica, nel cabaret, negli scketch televisivi e sul grande schermo.
Dagli anni ottanta del novecento si è iniziato a parlare di risata come terapia. Attraverso studi accurati e scientifici e grazie ad esperienze di vita, sono state scoperte e definite le potenti funzioni del ridere: aumenta l’ossigeno nel sangue, stimola la produzione di endorfine, rallenta la nascita di sostanze che potrebbero impoverire il sistema immunitario, rilassa, riduce gli effetti della depressione, aiuta ad aumentare l’autostima e a vivere la vita con maggior ottimismo e molto altro.
Quando si parla di comicoterapia non si può non parlare del clown-dottore, ossia di quella particolare figura che permette la realizzazione di tale terapia. Un “medico” che non passa inosservato dentro i reparti ospedalieri, sarà per il camice colorato e quel trucco bizzarro, per quel suo modo goffo, inusuale di fare le visite mediche o per l’uso insolito che fa di siringhe, flebo, stetoscopio, lacci emostatici e mille altri strumenti presenti negli ospedali. Il compito del clown-dottore è, infatti, quello di provocare la risata, la quale diviene appunto, utile strumento per accelerare il processo di guarigione e per trasformare le emozioni negative in energia positiva.
Da circa 7 anni mi trovo ad incarnare questo “personaggio” o meglio, a convivere quotidianamente con quella parte di me bizzarra, eccentrica, stupida, viva, capricciosa, grottesca, folle, stravagante, ecc… a convivere cioè con il clown, un aspetto da sempre presente dentro di me (e dentro ognuno di noi) ma del quale non ne avevo totale consapevolezza e che ho chiamato Nini. Che grande scoperta!!!
In questi anni di esperienza,vissuti tra i reparti pediatrici di oncologia, ematologia, cardiochirurgia e di trapianti di midollo ma anche all’estero in situazioni di grande disagio, mi sono resa conto che attraverso la manifestazione del proprio clown si può raggiungere un’intensa armonia con gli esseri della terra, si può far arrivare un messaggio anche laddove sembra impossibile una qualsiasi forma di comunicazione, come nei luoghi dove regna sofferenza e guerra ed inoltre si può dare una mano a guarire più velocemente. Il linguaggio del clown non ha confini e nemmeno limiti, è universale come l’amore o meglio è un modo dell’amore di esprimersi. Infine, ma non per ultimo, dobbiamo spesso ricordare che le sofferenze dell’anima non sempre sono visibili ad occhio nudo o meglio, noi, non siamo in grado di vederle, non ne abbiamo le capacità finché troppo accecati dal nostro ego, ma è fondamentale essere consapevoli che la maggior parte delle persone ha grandi ferite. Per cui molte volte non c’è bisogno di cercare “pazienti” dentro gli ospedali, basta guardarsi attorno, ce ne sono un’infinità.
I viaggi che ho fatto in Afghanistan, India, Argentina, Thailandia e Cambogia mi hanno resa consapevole di una cosa: che la povertà mi dà più ricchezza di un bel principe azzurro con il suo castello; che la gente povera è più viva e sente maggiormente la vita proprio perché, convivere con la morte vicina, porta a gustare pienamente e costantemente questo grande evento che è la Vita.



Collana "Gli Emersi - Narrativa "
pp.64 €12.00
ISBN 978-88-7680-224-9

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