Umberto Fornasari

INVOCAZIONI
DIALOGO SOLITARIO

Se scopo della poesia è spesso quello di consentire una sorta di confessione e come la chiarificazione a se stessi di un groviglio sentimentale che urge e che altrimenti non avrebbe modo di sciogliersi, questa con cui ora Umberto Fornasari esce allo scoperto va in tutt’altra direzione. Dal suo orizzonte sono esclusi in maniera perentoria gli accenti descrittivi, gli indugi patetici o, d’altra parte, la facile cantabilità o anche, all’opposto, il prevedibile ermetismo di tanta produzione poetica dei nostri giorni a vantaggio di un’idea della poesia come riflessione intellettuale e morale, rilettura su temi decisivi per la storia della cultura e per l’esistenza individuale quali il tempo e la morte. Ciò è inevitabile per un uomo attento ai segni dei tempi e sensibile al confronto tra i dati che provengono dal passato e dalla tradizione anche del pensiero filosofico e religioso e le modalità con cui oggi si affronta la spiegazione del mondo. Per Fornasari infatti tutto il patrimonio culturale che ci è stato tramandato, per quanto possa essere suggestivo, è sommamente inutile e sterile se non è vivificato da una rilettura, da un adeguamento alle esigenze dell’oggi, alle mutate condizioni in cui versa l’uomo, che sarebbe assurdo non tenere nel debito conto.
Si tratta di temi che, ovviamente, si prestano a essere sviluppati soprattutto nei termini di una rigorosa concatenazione di concetti che volentieri si vedrebbero affidati alle leggi ferree della logica; la scommessa di Fornasari, che così facendo si allinea del resto a un consistente filone della poesia contemporanea, consiste nell’adibire il linguaggio poetico a simili tematiche “impegnate”. Il tema del tempo, ad esempio, compare in vari testi della raccolta, in cui il finire delle cose (di una stagione, di una vita) viene espresso in immagini corpose e dense, tratte per lo più dal mondo della natura: in Autunno lo svanire del tempo, il suo incenerirsi, si manifesta in una caduta di foglie le quali “come legno ardente / crepitano”, ove va osservata la ricchezza semantica dell’immagine, per cui le foglie caduche già evocano il fuoco che tutto annichilisce. In un altro caso (Trentuno di Dicembre al mare di Monterosso) il tempo diventa, nella sua circolarità, ciò che “l’onda notturna del mare” sospinge e indefinitamente richiama. Il trascorrere delle ore diventa poi avvicinamento alla morte, che Fornasari vede non nei termini di un esito disastroso ma come un inizio, squarcio aperto su orizzonti sconosciuti ma non necessariamente drammatici, come attesta l’incipit di Non temere: “Non temere. / Quel giorno / saranno i morti / a uscire dalle coltri erbose, / a sporcare la tua mano / fredda / con il fango dell’Inizio”.
Accanto a tali, prevalenti motivi, altri si fanno strada tra i versi: ad esempio il dialogo che si stabilisce, in Prediletto, tra chi scrive e un Tu che si direbbe coincidere con Dio padre, approda a una rivendicazione di libertà per cui si prendono le distanze dagli “irreprensibili nella morale”, dagli “inappuntabili nei costumi”. E un altro testo, Cosce di burro, è tutto giocato sulla contrapposizione tra chi ostenta la sua probità (e conferma “il saluto ossequioso / ingrigito / alla severa rettitudine”) e chi si sottrae agli equilibrismi del pensiero e dei comportamenti. La protesta del poeta non si affissa a un obiettivo particolare ma individua con chiarezza nell’ipocrisia e nel conformismo le ragioni di fondo di un persistente malessere oltre che, in certo qual modo, facili strumenti a servizio del potere.
Si tratta di capire ora come Fornasari trasferisca questi concetti in immagini poetiche autonome, in poesia libera e comunicativa. Va detto subito che Invocazioni non è un libro facile, tale da consentire al lettore un percorso agevole e diretto, privo di scossoni, in cui ad ogni momento sia possibile riconoscere le intenzioni e procedere spediti. Questo poeta esige un lettore provveduto, in grado di cogliere la qualità di una scrittura che non trascura la leggibilità ma non indietreggia di fronte alla possibilità di sfruttare appieno le risorse del linguaggio poetico. A questo proposito Fornasari attinge liberamente al repertorio delle figure tipiche (non mancano le similitudini, le anafore, le allitterazioni e così via), inventando contemporaneamente nuove immagini, tutte icastiche, talora ardite, tali da comportare un’attenzione vigile e viva. La parola viene spesso isolata, nel verso, in modo che il lettore ne estragga la densità semantica, e la metafora diviene lo strumento ideale per un trasferimento del discorso dal piano dell’argomentazione a quello della poesia.
Ma, si ripete, non è una poesia semplice. Non è un caso, tra l’altro, che i testi siano talora singolarmente lunghi, anche se di fatto essi si sviluppano di volta in volta attorno a un tema base, sviscerato a mezzo di immagini rampollanti una dall’altra, un po’ come succede in certi procedimenti della poesia religiosa i cui accenti si ritrovano in effetti nelle composizioni che costituiscono questo libretto. Il quale presenta una struttura abbastanza semplice, con rispondenze di motivi, anche a distanza, tra un testo e l’altro (e alcuni accostamenti), e nel suo complesso – giusta il titolo – è animato da una forte propensione all’incontro con l’altro che viene sollecitato a uscire allo scoperto, esporsi, reagire in qualche modo alle “invocazioni” del poeta. Non è vero che il suo dialogo è solitario.

Stefano Fugazza


Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.64 €12.00
ISBN 978-88-7680-226-3

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