Emilio Nigro

ELISIR DI LUNA


La poesia è un cammino, viaggio esodale verso l’oltre che non conosce facili approdi o luoghi geografici precisi in cui lo spirito inquieto possa riposare e trovare casa. Il poetare è cammino che non conosce alcuna terra promessa, ma vive e annuncia un luogo che nessuno conosce, magia che l’arte poetica riesce a donare.
Paradossale condizione quella del poeta, che vive la dolce inquietudine e la ruvida speranza del nulla, incedere che mai si rassegna alla sconfitta che puntualmente rimane il suo unico destino. Di questo mondo colorato ci dà testimonianza questa preziosa raccolta di poesie, libro polifonico, costruito a più voci che affonda la narrazione nelle maglie cangianti della carne umana alle prese con il quotidiano
vivere.
La poetica di Emilio è una lettura densa e rigorosa della vita; nelle sue pieghe si ascolta il canto del mistero che sempre ci stupisce; il navigare di Emilio Nigro, come nella poesia Specchio di mare; “non vuole approdare” a nulla, è un peregrinare nel “deserto” a viso aperto, l’uomo ha di fronte solo il “mare”, metafora di un infinito che ci attraversa e ci sorprende da ogni dove e ci perfora in ogni grumo della nostra esistenza.
La narrazione poetica non è contemplazione compiaciuta del male, non è sguardo beffardo di un comodo nichilismo, ma nemmeno luogo dove si costruisce la facile speranza. La poesia è il posto dove avviene “la nascita della coscienza” in cui l’uomo tocca il dolore con le mani, come nella struggente poesia di Guignon (malasorte), in cui il poeta fa i conti con la sofferenza a viso aperto senza facile consolazioni, nominando semplicemente il male che fa da corredo alla nostre esistenze.
La narrazione poetica non prende mai posizione, non è mai prospettica, la luce della poesia non parte mai da un centro. Il cammino del poeta è un perdersi “nel mare lontano”, metafora di un’esistenza aperta allo spazio infinito delle possibilità, di una continua deriva che trova il sospiro in una stilla di piacere fuggente che ha sempre , però “il gusto amaro”, come con innocenza viene presentato in L’arte nel grigio deserto.
La poesia è erranza aperta al rischio come in Vaganza che dà il titolo ad una brillante composizione di paesaggi di passaggio, cifra di un tempo che non aspetta l’uomo, tempo in cui la parola è in ritardo di fronte agli eventi.
La scrittura si modula e si fa soave nella dolce cadenza di un’Anima di velluto, in cui la narrazione coglie tra “erranti vicoli senza respiro” il sussulto incantato dell’anima, guardiano di un mondo senza confini, che aspetta il rumore delle cose, passaggio di un tempo ormai fuori controllo dal dominio dell’umano potere. La marcatura poetica, in tali situazioni, non perde mai tensione, per cui la voce narrativa non cede mai “alla rassegnazione”, testimonianza di una lotta che il poeta ha ingaggiato con la vita.
Lo scenario narrativo è costellato di brace e miele e si fa sempre più intenso e incandescente come Nella condizione del poeta, manifesto di una identità multipla e scissa, dove il registro narrativo si declina fortemente nella posizione esodale, di chi errando va incontro al suo destino senza aspettare nulla, possibilità in cui il nulla può vestire le cose del mondo.
Il poeta avverte nella vibrante poesia de l’Infinito la domanda di senso, un infinito che non si trova in altro posto ma “nello sguardo che dipinge meraviglie” stupefazione che toglie alla ragione le armi per spiegare il mondo, e lascia ai “riflessi ambrati” di colorare il mondo che viene ogni giorno.
Il poeta si fa profeta della purezza dell’assoluto che il potere impunemente contrabbanda nei “volti in apparenza”, feticci e sepolcri imbiancati di “anime inconsce” è quello che in Urlante di unicità è messo in opera dal poeta con brillante sensibilità. L’orizzonte narrativo si modula nella passione per il vero che si fa coscienza politica che contesta e contrasta l’imperante ipocrisia, lascito del potere e dei “trucchi” del male nel mondo. La navigazione si fa eterea e vibrante come nella delicata e tenera Leggera, in cui la vita è perenne “confine fra notte e giorno”, simbolo in cui tutto si fa unico nello scorrere della vita e tutto, nel contempo, riposa dolcemente “tra le mie dita” lento vibrare dello spirito.
In Scritturàle la verità del poeta non è mai dogma, mai dottrina ma la coscienza della vita che si fa dovere morale riempie e nutre “pozzi vuoti che pulsano”, questo è l’unico guadagno, un’ eternità che può lambire la vita nell’adesso dei giorni. In questa scorza di tempo perduto il mestiere del poeta è quello di incidere “segreti” d’incanto che portano la grazia della vita nella spoglia stanza del mondo. La narrazione osa esporsi sul crinale ispido e fragile della passione, pulsione irresistibile di Dolce amata.
L’attrazione è abbandono e brivido, che trova le giuste corde nel dolce “amarti è essere vento, essere ovunque”, travolgente e avvolgente scenario di Fra il deserto e te.
Il libro presenta altre poesie che testimoniano una ricerca dello stile e una passione per l’umano che non si adagia mai nella scrittura melensa e stucchevole, ma che accompagnano il lettore in un superbo viaggio verso un luogo misterioso, magia soave che solo la grazia della poesia può donare, come Emilio, autore di questa raccolta, testimonia.

Franco Laratta


Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.80 €13.00
ISBN 978-88-7680-278-2

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