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Matteo Nicolosi

L’illusione del tempo

Quando Matteo mi ha chiesto di scrivere questa piccola presentazione, sono stato assalito da molteplici emozioni. La prima è stata ovviamente il piacere di tenere a battesimo quella che spero sia una lunga carriera letteraria. Sono anni che Matteo ed io ci scambiamo letture e scritture, dandoci metaforicamente di gomito e perdendoci al gusto sottilmente onanistico della condivisione. Sono convinto che Matteo abbia un importante futuro davanti (e non dietro le spalle come diceva Gassman), e penso che questa ‘Illusione del tempo’ sia il primo passo fuori dalla porta, l’inizio del viaggio. A confortarmi in questa convinzione estraggo tra gli altri un racconto, ‘Calma di vento’, che dimostra in pieno le potenzialità di Matteo, il suo stile colto e mai banale, la sua padronanza di registri molto diversi tra loro. Ma è la voracità intellettuale che domina questa raccolta: da appassionato lettore qual è, Matteo spazia da un genere all’altro, consuma un’incursione nel pulp in perfetto stile Landsdale per poi riecheggiare Borges ed il meraviglioso tango di Gardel. Ma nello stile di Matteo c’è molto altro: Dumas e Dan Brown, Melville e Tarantino. Un continuo gioco a rimpiattino in cui i toni cambiano e spiazzano, promettono e non mantengono, perché mantengono altro. La curiosità della religione colpisce per l’assenza di sacro, per il tono leggero con cui Matteo spiega Dio. Ma attenzione, il tono è leggero solo in apparenza: nell’‘Ultimo giro di giostra’ le pagine forse più felici della raccolta rivelano intuizioni mediate da una certa epica, ed il risultato non può che funzionare. Ed emozionare. Perché proprio di emozioni ho iniziato a parlare in questo breve scritto, e sulle emozioni concludo. Leggendo questi racconti, lo confesso, mi sono leggermente commosso. Ho rivisto il me stesso di venti anni fa, aspirante scrittore (ed ora solo dilettante), appassionato e autoindulgente, lanciato in picchiata come un dogma dagli occhi chiusi, per nulla incline al più banale compromesso. Quello che trovo in Matteo, che venti anni non li ha più ma credo se li ricordi più di me, è questa freschezza, questa straordinaria urgenza di comunicare, questo impellente bisogno di esporre ed esporsi. Scrivere non è mai facile, perché devi aver qualcosa da dire, e devi saperlo dire. Di una cosa sono certo: Matteo ha da dire molto, e molto ancora dirà. Il viaggio, il suo viaggio, è appena iniziato. Nessuna calma di vento potrà fermarlo.

INTRODUZIONE di Valentino Russo