In questo terzo millennio, dove l’informazione è il sapere comune che frammenta le coscienze, mancano spazi reali di confronto e incontro, proprio nella stagione in cui la condivisione orizzontale dei social media ci illude di una fittizia fratellanza globale, rigorosamente dietro un monitor. Si percepisce indistintamente questa esigenza di riconoscere una zona franca per l’incontro elettivo, come dimostra il festival Letterario Il Federiciano – che si tiene ogni anno nell’unico Paese della Poesia, che ho avuto l’onore di progettare e realizzare – frequentato da migliaia di autori e visitatori, con l’intento di aderire a un evento che consente di proporre e ascoltare, che fa nascere quella contaminazione tra culture e esistenze che è da sempre il fondamento del progresso. E questo libro, come i prossimi che inseriremo in questa nuova collana, vuole ripercorrere questa incredibile esperienza, prendendo a prestito anche il nome: Il Paese della Poesia – Tre Poeti a raffronto.
Prendendo a prestito le parole di Carl Sandburg “La poesia è un’eco, che chiede all’ombra di ballare”, ci accingiamo a leggere i versi di Giuseppe Berton con L’ultima sera dell’anno, Ildo Cigarini con Forse Tu, Francesco Loseto con L’AMORE E L’INDIFFERENZA sperando che la nostra eco possa trovare sintonie con le tonalità dei versi proposti.
Infine, vi propongo come punto di partenza e di riflessione, la frase che dà il titolo a questa silloge: Il poeta ama giocare con l’invisibile: prende l’aria intorno a una farfalla e costruisce il sorriso di un bambino di Fabrizio Caramagna.

(Tratto dalla prefazione di Giuseppe Aletti)

Giuseppe Berton con L’ultima sera dell’anno

Inaspettata come una poesia, 
che è uscita da sola, 
da un angolo del cuore, perduto.  
Inaspettata come te, che ci siamo baciati.
Mille volte.

Ildo Cigarini con Forse Tu

Il tempo di un fragile respiro
Che alla vita
Rubava ancora un istante, l’ultimo,
Il più vero
Mentre la luce della sera s’inchinava
Al suo sorriso.

Francesco Loseto con L’AMORE E L’INDIFFERENZA

Insaziabile ritornello mi guidava
perciò andavo, spostavo e avanzavo
senza traguardi che mi potessero suggerire
l’arrivo di una storia singolare.
Era la mia storia per raccontare
quello che adesso ho e altro.